Quando il dolore si fa strada nel nostro corpo, il primo istinto è quello di diminuire l’attività, di rimanere fermi e a riposo e così ci ritroviamo intrappolati in una danza dolorosa di inattività.
Ma è proprio in questo momento critico che dobbiamo riscoprire il potere trasformativo del movimento… consapevole.
Chiunque abbia, o abbia avuto un animale in casa o abbia visto qualche documentario sarà incappato nella situazione in cui l’animale ferito deve rimettersi in piedi. Come funziona? Sicuramente nessuno ha mai detto al nostro cane/gatto o alla gazzella nella savana che deve rimanere ferma per 3 settimane altrimenti non guarisce.
Gli animali che hanno subito un trauma esplorano, esplorano i movimenti che possono fare e i limiti che il danno gli ha creato e li rispettano. Si vedrà quindi che piano piano proveranno a muovere l’arto infortunato o addirittura a caricarlo. Il primo giorno magari lo muoveranno un pochino, il secondo di più e magari il terzo saranno già in piedi per valutare se regge.
In natura è quindi il movimento a guarire le ferite: e noi?
Noi dobbiamo piano piano disfare un castello di credenze e trovare lo strumento migliore per ritornare al modo naturale di guarigione.
Nel breve periodo l’immobilità rappresenta una strategia sensata, in quanto consente il riposo e il recupero. Tuttavia, questo meccanismo di protezione, può trasformarsi in uno stile di vita a lungo termine.
Spesso ci identifichiamo nell’immagine limitante del nostro corpo sofferente, vecchio o malato, senza verificare se davvero i limiti che ci siamo imposti siano sempre reali e validi. Rinunciamo a priori a opportunità che in realtà possono aumentare il nostro benessere.Questa visione può condurci all’inattività, all’inerzia e a trascurare il nostro corpo o la parte di esso che reputiamo problematica. Assumiamo un atteggiamento da malati, attorno al quale facciamo girare tutta la nostra vita e che condiziona tutte le attività quotidiane. Così movimenti assolutamente naturali come chinarsi, piegarsi, ruotare, diventano nella nostra testa dei “movimenti sbagliati” e così portiamo il corpo ad atrofizzarsi e a perde la maggior parte delle sue capacità e della massa muscolare e questo può succedere anche in un soggetto del tutto sano.
Cosa succede al mio corpo se non mi muovo?
La mancanza di movimento prolungata ha diversi impatti negativi sul corpo umano. Questi includono l’atrofia muscolare, la perdita di flessibilità e equilibrio, il deterioramento della salute delle ossa, una riduzione del metabolismo basale e un aumento del rischio di problemi cardiovascolari e dell’accumulo di peso. Inoltre, influisce sul sistema nervoso e sul benessere mentale, contribuendo a stress, ansia e depressione.
La soluzione è il movimento consapevole.
Prendiamo esempio dalla natura e andiamo oltre le credenze di una vecchia generazione! Se il riposo e l’astinenza dal movimento possono essere la migliore risposta in fase acuta, sarà fondamentale iniziare ad esplorare il proprio corpo e i movimenti che esso può fare il prima possibile.
Rispettare il dolore, educare il dolore
Il dolore è uno strumento insostituibile che il nostro corpo utilizza per difendersi/ci. Come ogni strumento dobbiamo essere in grado di interpretarlo e usarlo a nostro vantaggio.
Senza lasciare che prevarichi, dobbiamo trovare il modo per gestirlo, sopportando livelli di dolore che non superino mai il 4/10 ed esplorando come si comporta il nostro corpo, fino a farlo scomparire tornando alla nostra normale attività! Educare il dolore vuol dire non lasciare che ci fermi o limiti in alcun modo così da evitare di intercorrere in problemi più gravi, vuol dire comprendere il suo funzionamento imparando a guidarlo fino ad alzare la soglia di attivazione a livelli normali (o pre-problematica).
Lo yoga come strumento
Uno degli strumenti più potenti che possiamo sfruttare per il ritorno al movimento e il controllo del dolore è lo yoga. Lo yoga, con la sua radice sanscrita che significa “unire”, diviene l’espressione tangibile dell’unione mente-corpo, una modalità eccellente per portare la consapevolezza nel corpo in movimento.
Attraverso lo yoga praticato con consapevolezza, abbracciamo i nostri limiti senza oltrepassarli, apprendendo pazienza e accettazione del nostro corpo nel momento presente. In parole semplici ci permette di esplorare le nostre capacità rispettando il dolore e le effettive e momentanee disabilità.
I benefici di questa pratica sono molteplici, oltre a coltivare la consapevolezza del corpo in movimento, la pratica dello yoga ci offre una serie di benefici:
- E’ una forma di esercizio molto delicata, e si basa sulle abilità di ciascun individuo
- è accessibile a tutti
- la pratica regolare dello yoga combina rinforzo e allungamento muscolare mantenendo l’equilibrio nel corpo e dell’individuo
- non servono strumenti o particolari abilità per praticare yoga: è possibile praticarlo anche in condizioni di semi-immobilità come da un letto o da una sedia a rotelle: basta la volontà!
- Lo yoga è movimento e come tutto ciò che si muove: Crea Energia!
Molti associano, erroneamente, il movimento al consumo di energia, tralasciando un particolare fondamentale: il movimento genera energia.
Qualsiasi attività fisica che permetta al nostro corpo di scoprire la libertà del movimento e la bellezza della fatica permette al nostro sistema di rilasciare sostanze come le endorfine che, a dispetto della normale stanchezza fisica, ci caricano di sensazioni positive e benessere.
Inoltre lo stress e il dolore hanno in comune il cortisolo, l’ormone appunto dello stress, che se presente nel corpo porta ad un circolo vizioso di stress-dolore-stress… L’attività fisica è fondamentale per arginare questa situazione: con il movimento si attivano i muscoli che sono i principali consumatori di cortisolo, che quindi vanno a toglierlo dalla circolazione.
Il risultato sarà quindi rilascio di endorfine (che migliorano l’umore) + diminuzione del cortisolo in circolo (che aumenta le sensazioni di dolore) = benessere!
Fondamentale è approcciare lo yoga, come qualsiasi altra attività che scegliamo di praticare, con una mente aperta.
Ecco alcuni suggerimenti:
Non focalizzarsi sul progresso o sul risultato: non siamo in gara con noi stessi o con gli altri. Dobbiamo solo vivere con attenzione l’esperienza del movimento, portando la consapevolezza alle sensazioni che proviamo, ascoltando il corpo per capire dove possiamo arrivare rispettando il dolore.
Prestare attenzione ai segnali che ci invia il nostro corpo: il dolore è un segnale che il corpo manda per indicare un possibile pericolo, sentiamo cosa ci dice e rispettiamolo, senza porci limiti a priori.
Pazienza e assenza di giudizio: l’obiettivo è quello di ascoltare il nostro corpo con consapevolezza, momento dopo momento.
Imparare a conoscerci con la mente del principiante: per comodità il corpo imposta un”pilota automatico” e molto spesso non badiamo alle sensazioni che proviamo non le consideriamo appieno dando il nostro corpo per scontato. Grazie all’attività fisica possiamo esplorare i nostri limiti e i segnali che il nostro corpo ci manda con curiosità, mantenendo la consapevolezza istante dopo istante.
La scelta dello yoga come esempio è stata pressoché naturale: questa pratica, come premesso, permette di prendere coscienza dell’Unione tra corpo e mente.
È di fondamentale importanza trovare una propria strategia per sfuggire all’immobilità. Solo esplorando i movimenti possiamo rassicurare il nostro sistema nervoso centrale e diventare consapevoli di quelli che sono davvero i nostri limiti e non quelli che ci vengono imposti.
Intraprendere un percorso verso la libertà e verso la riscoperta del movimento può non essere facile: richiedere il supporto di un’esperto può aiutarci a capire come meglio gestire il nostro percorso.